sabato 22 novembre 2008

"La coda del cane" di Roberto Buffagni (1).
“Tucc i can i tran la cuaTucc i cojon voen di’ la sua”.
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La storia di Eluana
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Con che cosa comincio? Mah. Visto che siamo in rodaggio, tanto per stare sul facile comincerò con la storia di Eluana.
Dei centosettemila articoli, saggi, speciali tivù su Eluana mi sono ben guardato dal leggerne o guardarne anche uno solo. Mi è stato impossibile, purtroppo, ignorare beatamente tutta la storia, perché bene o male qualche giornale, anche solo al bar, lo sfoglio; e qualche telegiornale va a finire che lo guardo, specie la mattina tra le cinque e le sei, mentre faccio colazione da solo in attesa di svegliare il resto della famiglia.
La prima che chiamo, perché è quella che ci mette più tempo a risalire dagli abissi oceanici del suo sonno di bambina, è mia figlia primogenita N. N. ha tredici anni, e naturalmente le voglio molto bene. Gliene ho sempre voluto, certo; ma adesso, in questi mesi e anni in cui mi si trasforma in donna sotto gli occhi, a una velocità da cartone animato, il bene che le voglio si complica e si screzia di una sorpresa, di una incredulità, di un’allegria e di un’apprensione nuove. E poi, è tanto teneramente buffa, così in bilico fra un mondo e l’altro...
Insomma, non ho potuto evitarla, questa storia di Eluana. Non ho potuto evitare di vedere le fotografie di questa ragazzina di poco più grande della mia, con le sue pose commoventi da ex bambina che fa la grande, la spregiudicata, la bizzarra, l’anima della festa; con quei bei capelli neri che avrà curato come un cucciolo e quella pelle delicatamente bianca, lucente di vitalità; e quegli occhi miti di brava e vispa ragazza, quel naso un po’ stonato che coraggiosamente si rifiutava di nascondere alla macchina fotografica. Mi è toccato di vedere anche le foto e i filmati di suo padre, con quei suoi dignitosi e pratici maglioncini a V temperati dall’impermeabile d’un bianco un po’ romantico, e la faccia da cittadino scomodo che nel timore d’ esser trattato come un poveraccio dai notabili dei media, si atteggia a un asciutto, risentito decoro democratico.
Visto quanto sopra, mi sono detto: addio, Eluana e Beppino. Scusate, ma io passo la mano; e fino ad ora ho mantenuto la parola. Ma si vede che la volontà non è il mio forte, perché continuano a girarmi per la mente, quei due nomi goffi che nessuno mai darebbe ai protagonisti di una fiction.
Anche Beppino avrà avuto l’abitudine di svegliare Eluana, la mattina? Quando si sveglia una figlia, di solito ci si china sul suo letto e sul suo viso, e la si guarda un poco, prima di chiamare il suo nome. E quando lei si sveglia, se quel mattino si è svegliata bene, sul viso notturno di bimba, morbido di sogni infantili, si schiude il sole di un sorriso di donna: un sorriso da bella donna felice di vedere te, proprio te, che ti sfreccia fino in fondo alla memoria, fino agli intimi strati geologici dove giace il fossile della tua prima (ridicola, sciagurata, lancinante, spudorata, sbalorditiva) gioventù.
Che effetto gli avrà fatto, a Beppino, chinarsi sul letto di una Eluana che invecchia e imbruttisce in un sonno senza notte e senza giorno, e se la chiami non si sveglia più? E dopo due anni, dieci anni, venti anni, gli sarà mai passato per la mente il pensiero atroce, subito stornato con rimorso e con orrore, “meglio che non si svegli più”?
A me, credo proprio che il suddetto pensiero atroce sarebbe venuto (mi è venuto adesso, scrivendo, dunque). Avrei piantato il casino che ha piantato Beppino con la sua “battaglia”, come la chiamano i media?
Conoscendomi, credo proprio di no. E lascio perdere tutta la tiritera che sono cattolico praticante, contrario all’eutanasia, al neocapitalismo liberista, all’individualismo proprietario, alla selezione genetica; lascio perdere queste ed altre Cose Forti e Ragioni Cogenti più o meno importanti e grosse, che nei minuti in cui avessi dovuto arrivare al mio unico e personale dunque avrebbero contato, per il sottoscritto, zero e meno di zero.
Forse, mi sarei rassegnato, perché tendo a essere fatalista, e quando arriva un vero dolore, mi suscita sempre una forte impressione di dejà vu. Ma se non mi fossi rassegnato – può darsi benissimo: un colpo del genere non si sa cosa ti smuove, dentro – non credo proprio che avrei organizzato una campagna d’opinione. A mia figlia ci avrei pensato io, e avrei fatto da me.
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Roberto Buffagni

4 commenti:

Fulmini ha detto...

"A mia figlia ci avrei pensato io, e avrei fatto da me."

Questo scrivi (sono arrivato fin qui grazie a Guido Aragona), questo leggo e penso: no. Penso con Sartre che noi dobbiamo farci gli affari degli altri. Il padre di Eluana doveva farsi gli affari di Eluana, dunque, e li ha fatti, ma anche i nostri, e anche questo ha fatto.

Questo non vuol dire che non comprenda, non capisca il tuo punto di vista, e che non apprezzi il pudore che rivela. Ma, a volte, bisogna essere spudorati.

Anche io sono stato spudorato, come il padre di Eluana. Mio figlio si chiamava Eftimios. Sono stato spudorato e me ne vanto -altrimenti, come lo avresti conosciuto tu, lui e il suo pudore?

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Grazie per avermi pazientemente letto, e per avermi cortesemente replicato.
Quando scrivo, cerco di racimolare una briciola della mia verità: mia personale, non generale, figuriamoci poi assoluta. La prego poi di accettare le mie scuse se qualcosa, nel mio scritto - anche solo il fatto che mi sia permesso di parlare di una vicenda così dolorosa senza averla sperimentata - le è parso irrispettoso e superficiale.
Roberto Buffagni

Fulmini ha detto...

Ma no, Roberto, discutiamo liberamente, fraternamente. Dico quello che so, e ascolto - per trasformarmi, non per confermarmi.

Ecco: so che se non ne avesse parlato Marco, Gesù sarebbe scomparso come un sasso in un vulcano, o nell'oceano. Chi ha visto (secondo me, certo) ha il dovere di testimoniare.

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Grazie. Alle prossime occasioni di colloquio, allora. Cordialmente,
Roberto Buffagni