giovedì 4 dicembre 2008

La Chiesa cattolica è una multinazionale della fede?
Parliamone…
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di Carlo Gambescia
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Alcuni osservatori applicano alla Chiesa cattolica gli schemi che di solito si usano per interpretare le strategie di una multinazionale della fede. Ora, indubbiamente la Chiesa è anche questo, ma non può assolutamente essere “solo questo”.
In occasione dell’ ultimo Conclave, quasi si trattasse di un consiglio di amministrazione, si parlò della Chiesa, e soprattutto sulla stampa, esclusivamente in questi termini. L’elezione del nuovo papa, Benedetto XVI, venne perciò presentata come la nomina di una specie di nuovo amministratore delegato. Come del resto tuttora accade a ogni nomina di alti prelati, come nuovi “consiglieri”, nuovi “funzionari al centro di chissà quali nuove strategie aziendali…Indubbiamente vi è del vero. La Chiesa è istituzione: è “struttura”. E quindi necessita di forme organizzative: diciamo che ha bisogno, come tutte le istituzioni sociali, di uomini “vocati”, quadri, risorse, strategie, e soprattutto di un “vertice” all’altezza della situazione. Pertanto ogni nuovo Papa, non può non fare i conti con la dura realtà di ogni istituzione: reperire risorse, gestirle e aumentarle. Se un istituzione non si sviluppa, non cresce ma regredisce, rischia di sparire o comunque di contare sempre meno. Quindi ogni Papa (e a maggior ragione Benedetto XVI, vista la carenza di risorse materiali e umane della Chiesa attuale), deve innanzitutto essere un buon organizzatore, o comunque in grado di circondarsi di capaci amministratori. Di qui il ruolo che indubbiamente può essere giocato nella vita della Chiesa da quei gruppi più strutturati, e dotati sotto il profilo organizzativo di mezzi, uomini e risorse. E qui basti ricordare l’influenza di cui dispongono il ricco cattolicesimo americano e organizzazioni molto ben strutturate come l’Opus Dei.
Ma la Chiesa, come già abbiamo detto, non è solo una multinazionale della fede: un’istituzione sociale, politica, economica, eccetera, ma è anche una forza o un “movimento“ (storico, o metastorico, secondo i punti di vista…), che risponde, come dire, alla fame di assoluto, fede e ubbidienza, insita negli uomini. In che senso?
In primo luogo, in chiave dottrinaria. La Chiesa in quasi due millenni di storia ha mostrato di essere capace di propugnare un principio ideale, restandovi fedele, e al tempo stesso di saper innovare, e perciò di aprirsi o“muoversi” in senso discendente, andando incontro alle aspettative di fedeli affamati di purezza, secondo un piano d’azione più generale. E qui basti pensare alla cosiddetta Riforma Cattolica, come “movimento” di recupero teologico e pastorale, durato alcuni secoli, che ha preceduto e superato, la Riforma protestante. Lo stesso conflitto, che ritorna spesso nella storia della Chiesa, tra innovatori e tradizionalisti, non è che il segno più evidente della sua vitalità “movimentista“.
In secondo luogo, la Chiesa è anche movimento in senso strettamente sociologico. E qui sia sufficiente ricordare i numerosi movimenti socio-religiosi, affamati di ubbidienza a un ordine spontaneo, assoluto, puro e senza leggi. Movimenti che spesso hanno storicamente favorito il rinnovamento “istituzionale” della Chiesa. A questo punto ci si chiederà: con Benedetto XVI stanno prevalendo le ragioni delle istituzioni o del movimento? E’ ancora presto per dare una risposta, ma possono essere fatte alcune osservazioni.
Di sicuro, come altre volte nella storia, anche con Benedetto XVI sussiste la possibilità di giungere a una sintesi di entrambe le tendenze. Tra i movimenti che invocano la purezza e le istituzioni che devono purtroppo “sporcarsi” le mani, pur tra alti e bassi, se persiste un’unità di fondo, non va mai scartata "metodologicamente" la possibilità di un accordo.
Benedetto XVI sembra però essere un capace “organizzatore“. E in questo senso pare stiano prevalendo gli interessi delle istituzioni: la chiesa sembra più allineata ai potenti, in particolare agli Stati Uniti e alle linee guida dell’economia capitalistica e alla morale tradizionale, forse troppo. Si veda, ad esempio, il no di questi giorni alla depenalizzazione dell’omossessualità.
Tuttavia una Chiesa troppo “organizzata” e “solo” tradizionalista potrebbe aumentare le sue risorse materiali e “ideologiche”, ma perdere quel patrimonio spirituale rappresentato dai fedeli e dal risveglio religioso, che oggi si nota soprattutto tra i giovani.Per contro una Chiesa troppo “movimentista” rischia di subire esclusivamente gli interessi dei movimenti sociali interni ed esterni.
E dunque di essere più pacifista e meno allineata agli Stati e al “capitale”, perdendo così risorse e mezzi economici. Va però anche detto che la scelta movimentista non sempre implica, in modo automatico, scelte progressiste sotto il profilo teologico e pastorale. La realtà dei movimenti ecclesiali è piuttosto diversificata: tutto è possibile, dalla scelta tradizionalista a quella, per così dire, no global. Un buon Papa dovrebbe essere organizzatore e movimentista: uomo delle istituzioni e uomo dotato di grande carisma. Come movimentista, dovrebbe essere capace di rappresentare “tutte” le diverse realtà, e come organizzatore di reperire risorse e gestirle, edificare, evangelizzare, eccetera, senza transigere sui principi.Di sicuro Benedetto XVI sembra lontano dal voler imitare Wojtyla: un Papa così capace di fondere in sé e rappresentare le ragioni delle istituzioni e dei movimenti. Sotto questo aspetto il suo è stato un pontificato straordinario: al centro politico, in senso alto. Comunque sia, resta particolarmente pericoloso per ogni Papa privilegiare solo una delle due ragioni.
Da questo punto di vista non vanno sottovalutate anche le forti pressioni esterne e le origini tedesche di Papa Benedetto XVI. La Germania dopo 1945, si è gradualmente trasformata, per ragioni legate all’occupazione americana, all’anticomunismo “necessario”, al senso storico di colpa e di “gratitudine" verso gli Usa, nel paese europeo più filo-americano, dopo la Gran Bretagna. Il che ha pesato sulla formazione della personalità del cittadino tedesco nuovo modello. E a ogni livello sociale, in alto come in basso-
Può apparire perciò, molto “dietrologico“, ma gli Stati Uniti, che non rimpiangono affatto Paolo Giovanni II, contano molto sul “Papa tedesco”. Sussiste il rischio che Benedetto XVI, oltre a quello di trasformarsi in Papa solo organizzatore o solo movimentista, possa finire per indossare le sacre vesti del cappellano di Obama. Dopo aver omaggiato oltre misura Bush e i suoi neocons.
Compromettendo così le ragioni del “movimento”.

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Carlo Gambescia

9 commenti:

Fulmini ha detto...

Sono in disaccordo con te sull'interpretazione che proponi della Controriforma.

Argomento brevemente il mio punto di vista.

La Controriforma, che si sviluppa nella fase storica segnata dal passaggio dalla civiltà cattolico-medioevale alla civiltà statale-nazionale, è un vasto movimento, condotto dalla Chiesa, di restaurazione a livello mondiale della vecchia civiltà: come tentativo di ricomposizione della razionalità cattolica in corso di disgregazione, come reazione alla propria crisi d’autorità.

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Benvenuto e grazie del rilievo.

Sul punto, da umile studioso di cose sociali, riprendo l'interpretazione di chi ne sa più me, Hubert Jedin, storico (vedi il VI volume della sua "Storia della Chiesa", Jaca Book 1975 e successive edizioni).
Ovviamente, per quanto "alta" si tratta pur sempre di una "interpretazione", tra le altre. E dunque discutibilissima.

Fulmini ha detto...

Carlo, io preferisco invece l'interpretazione di chi ne sa più di tutti e due: Antonio Gramsci (il Gramsci dei Quaderni, beninteso, e rettamente inteso):

“Che la Chiesa debba affrontare un problema dei ‘semplici’ significa appunto che c’è stata rottura nella comunità dei ‘fedeli’, rottura che non può essere sanata innalzando i ‘semplici’ al livello degli intellettuali (la chiesa non si propone neppure questo compito, idealmente ed economicamente impari alle sue forze attuali), ma con una disciplina di ferro sugli intellettuali perché non oltrepassino certi limiti nella distinzione e non la rendano catastrofica e irreparabile. Nel passato queste ‘rotture’ nella comunità dei fedeli erano sanate da forti movimenti di massa che determinavano o erano riassunti nella formazione di nuovi ordini religiosi intorno a forti personalità (Domenico, Francesco). [...] La la Controriforma ha isterilito questo pullulare di forze popolari: la Compagnia di Gesù è stato l’ultimo grande ordine religioso, di origine reazionario e autoritario, con carattere repressivo e ‘diplomatico’, che ha segnato, con la sua nascita, l’irrigidimento dell’organismo cattolico. I nuovi ordini sorti dopo hanno scarsissimo significato ‘religioso’ e un grande significato ‘disciplinare’ sulla massa dei fedeli, sono ramificazioni e tentacoli della Compagnia di Gesù o ne sono diventati tali, strumenti di ‘resistenza’ per conservare le posizioni politiche acquisite, non forze rinnovatrici di sviluppo.” (Q, 1383-4)

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Grazie, Pasquale.
Mi piace ricordare, proprio con uno studioso di un Gramsci, "beninteso, e rettamente inteso" , che devo la conoscenza di Jedin ad Armando Saitta, notevole storico italiano di ispirazione marxista, magari un po' poligrafo ;-), direttore di "Movimento Operaio" negli anni Cinquanta.
Un cordiale saluto,
Carlo

Cloroalclero ha detto...

Caro Carlo:
Non sono molto d'accordo con te. Le spinte movimentiste della C.C., per come le ho capite io, sono state, su un piano di dialettica storica "perdenti". Penso al movimento francescano, nato con le migliori intenzioni di portare una critica costruttiva alla corruzione ecclesiastica che si protraeva da 2 secoli. La "vittoria" della corrente "conventuale" dei francescani ha istituzionalizzato la spinta movimentista in esso insita e l'ordine è diventato pienamente strutturale al centralismo delle alte gerarchie.
Analogo discorso, anche se in contesti diversi, si puo' fare per l'ordine dei Gesuiti: la loro missione era educare ai piu' puri valori cristiani ed evangelizzare il nuovo mondo, attraverso la critica costruttiva, in chiave cristiana di prassi disdicevoli legati all'esercizio del potere.
Col tempo il movimento gesuita è andato tradendo progressivamente gli ideali con cui era nato: si è fatto "comprare" dall'aristocrazia cattolica ed erogando scolarità a pagamento è divenuto un ordine così ricco che nel 1773 l'allora papa (chi azz era? nn mi ricordo... ;-)
temendo un contropotere in seno alla chiesa li sciolse.
Anche il ruolo che i gesuiti ebbero nel nuovo mondo fu controverso: se da un lato erano "partiti bene" predicando la dignità delle nuove stirpi che avevano incontrato, succesivamente anche lì si fecero "comprare" dai potenti (specialmente spagnoli) e non dissero nulla riguardo, per esempio alla riduzione in schiavitu' di queste genti che pure proprio il cristianesimo aveva contribuito in occidente ad abolire, almeno nella forma.
Cioè, per dirla hegelianamente: la dialetica interna alla chiesa ha sempre fatto prevalere sulle spinte movimentiste, l'autorità "molto secolare" dell'istituzione.
Altro esempio: papa Paolo VI, un intelligentissimo e a modo suo illuminato papa (il migliore del XX secolo e forse degli ultimi 500 anni) lascio' estremamente liberi i movimenti: dalla teologia della liberazione alla fondazione di CL da parte di Dongiussani. Ovvio: non potevano superare determinati limiti, ma le istanze nuove erano ben accolte (mentre venivano messi al bando i tradizionalisti fanatici, come Lefebvre, senza però ricorrere alla scomunica, in un'ottica mai punitiva)e anche il progetto di un cristianesimo sociale, fallito con la morte di A. Moro, sarebbe stato costruttivo e proliifico.
L'operato di Paolo VI fini' con la sua morte. Dopodichè G.Paolo I morì (nessuno mi toglie dalla testa per le indagini che voleva intraprendere sullo IOR) e gli USA vollero fortemente un Woytyla che non si faceva scrupolo di farsi vedere in giro con un Pinochet o un Videla, per dargli il suo sospetgno a livello pastorale (e politico)

Questo Ratzinger è sempre meglio di un Woytyla, ma è un piccoletto. Uno che si fa "guidare" da monsignori che hanno un'idea veramente meschina della religione. Lui puo anche essere un buon mistico (ho letto delle interviste ai suoi ex parrocchiani che parlano bene di lui in tal senso) ma certo la chiesa oggi ha un pessimo "ufficio politico" che gli sta facendo perdere ogni giorno consensi, per esempio in America Latina che era roccaforte cattolica, gli evangelici stanno decisamente prendendo tutti i loro posti a livello di influenza.

L'istituzione ha prevalso, ma non è così qualitativa da poter sussistere e io penso che, lungo o corto che sarà il suo futuro cammino, si stia avviando ad un ridimensionamento decisivo.
ciaociao
Cloro
(ps nn ho riletto mi scuso x gli errori)

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Cloro,
innanzitutto grazie per il tempo che mi hai dedicato e per l'impegno. Potevi farne un post per domani.
Diciamo che io pongo il problema della dialettica istituzione movimento, alla'interno del cattolicesimo. Aspetto, ti posso assicurare, poco studiato, sia sociologicamente che storicamemte.
Ma che mi appassiona.
Credo con te che l'istituzione - ma non solo all'interno del cattolicesimo - tenda sempre ad avere la meglio. Ma con coloriture diverse. Sulle quali preferiscono non pronunciarmi peché riflettono le scelte valoriali dell'osservatore (che implicano adesione alla logica progresso-comservazione, che però è ideologica e non sociologica).
A me interessa mostrare solo - per il momento - che c'è un dialettica sociologica, il cui fnalismo ideologico non mi interessa (come studioso). Il che significa che la storia della Chiesa, come quella di altri istituzioni sociali è ciclica e non lineare (sia nel senso di direzione conservazione-progresso che progresso-conservazione).
Mi piacerebbe però approfondire l'argomento, sotto il profilo dell'interazione tra contenuti storici e dialettica sociologica.
Può essere l'argomento di un libro.
Chissà.
Grazie ancora per gli stimoli.
Carlo

Truman ha detto...

Credo ci sia un errore di fondo: la storia della Chiesa mostra "duemila anni di tradimento dei vangeli da parte della chiesa" e non lo dico io (http://www.ilfoglio.org/321/La_promessa_irrealizzabile.htm).

Se l'aspetto ideale mostra una frattura quasi totale tra i valori dichiarati e quelli effettivamente praticati, allora la chiave di lettura principale può essere proprio sociologica. L'approccio alla chiesa come multinazionale mi appare proprio quello più corretto.

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Grazie Truman.
Un piccola chiosa. Purtroppo credo che lo schema della "rivoluzione tradita" sia applicabile a tutte le "istituzioni" umane. Diciamo fino a nuovo ordine :-)

Fermo restando che raggiunto un certo limite, di tensione sociale ( forza e menzogna da sole non bastano a tenere insieme per sempre un gruppo istituzionalizzato in senso lato ), si produce per un verso disorganizzazione e per l'altro crescente distonia individuale e collettiva, tra norme trasmesse e pratica sociale. Di conseguenza – e semplificando al massimo - la rappresentazione sociale del "tradimento", entra in circolo e guadagnando costante consenso sociale (sorvolando sul come, per ragioni di spazio) rimette in moto tutto...
Il che – attenzione - non esclude la possibilità che i "rivoluzionari" una volta agguantato il potere non tradiscano a loro volta...
Un caro saluto,
Carlo

Truman ha detto...

@Cloro: la pagina sui Gesuiti si wikipedia dovrebbe essere abbastanza affidabile (almeno per i nomi dei papi coinvolti); per diverso tempo l'ho seguita io.

@Carlo: quindi mi sembra di capire che anche nel tuo commento l'aspetto istituzionale nella Chiesa ha molte analogie con ciò che succede in altre istituzioni. (Mi torna in mente la famosa dottrina comunista in forma di barzelletta: Che cos'è il capitalismo? E' lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
E che cos'è il comunismo? Il contrario
).

Ma allora, ancora una volta, mi sembra corretto che il primo approccio sia quello istituzionale, come pure mi sembra interessante considerare che ci sono sempre persone che credono al Vangelo ed interagiscono con l'istituzione. Questa interazione ha preso varie forme nella storia e può essere sicuramente interessante da analizzare, pur con molte difficoltà per trovare il giusto approccio.

Uno spunto però me lo dà di nuovo la storia del partito comunista: ci sono sempre stati degli "utili idioti" che venivano lasciati parlare ed agire in nome del comunismo, tanto le decisioni vere venivano prese da altre parti, e quando gli utili idioti esageravano, venivano neutralizzati.