lunedì 22 dicembre 2008

Speciale: Dire di no alla vita...

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Post di Cloroalclero, Gambescia (con un'intervista al dottor Adriano Segatori, psichiatra e psicoterapeuta)

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Le vittime suicide del paese degli avvoltoi
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di Barbara (Cloroalclero)
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Poche sono state le notizie della stampa "mainstream" circa il suicidio di due hostess dell'Alitalia, cui in seguito alla cessione a CAI, era pervenuta la lettera che comunicava loro la cassa integrazione.
I
blogger invece sono stati colpiti da questa notizia, anche se nessun particolare sulla vita di questa donne veniva fornito dai media nazionali, di solito così avidi di risvolti personali delle vicende dolorose. Due donne di cui si sanno le iniziali dei nomi e la loro età, senza conoscere null'altro particolare della loro vita che si sono tolta, impietosamente, dopo aver appeso della cassa integrazione.
In questi casi il giudizio medio della gente è "sì, certo. Questa notizia non le ha aiutate,
ma le due suicide erano sicuramente due pazienti depresse". La comunicazione-nella
dimensione del "si" avrebbe detto Heidegger- soffre in questi casi di una "pubblica mancanza di coraggio" che trova la sua compensazione comunicazionale nella sfera della maldicenza. Perché il pregiudizio sociale è "Ci SI suicida perchè SI è malati di depressione". Solo in privato (e, ripeto, nella sfera della maldicenza) si osa dire: "le due hostess sono state uccise da XY (il capo del personale, il direttore, l'amministratore delegato, il sindacalista, il ministro...)
che ha voluto mandarla proprio a loro la lettera di cassaintegrazione" .
La comunicazione "media"si muove dunque tra due sfere: quella del pubblico e quella dello "strettamente privato" dove ci si puo' permettere la maldicenza.
Il versante del "pubblico" nega completamente un ruolo decisivo alla lettera di cassaintegrazione come causa del suicidio. In quello privato
si dà la colpa a persone precise, invidiose, intolleranti, odiose, che "ce l'avevano" con le vittime.
Né l'uno né l'altro approccio al fenomeno di questi suicidi prende in esame il dato fondamentale: l'essere 40enni delle signore (l'avere quindi investito molto della propria vita nel lavoro, una 20ina d'anni, almeno), l'avere presumibilmente altri carichi esistenziali dovuti alla particolare fase della vita (i 40 non sono uno scherzo) da affrontare e minori energie di prima, la totale mancanza di solidarietà da parte delle "voci sociali" quali possono essere
per esempio i media e la carta stampata. Che costruiscono intorno un ambiente stupidamente competitivo e individualista, capace di gridare verso una categoria di persone (le hostess, che sono in fondo "cameriere" sugli aerei) attribuendo loro
una ridda di privilegi che a uno sguardo piu' approfondito non si scoprono esattamente così appetibili.
Nella nostra società è radicata l'idea del "suicidio come esito di una malattia". Spesso si addebita anche al suicida la "negligenza" (colpevole) di non essersi fatti curare per tempo. L'indifferenza del sistema sociale alle vicissitudini esistenziali di coloro che "sono colpiti" da cassaintegrazione e licenziamento, anzi l'imperversare di campagne sottoculturali e mediatiche contro una presunta "fannulloneria privilegiata" di certe "deboli ma numerose" categorie sociali, dalla comunicazione
propria della medietà non viene proprio presa in considerazione.
Il dato interessante è che la dimensione del "SI" (che
Heidegger indicava come il dominio della "chiacchiera", della "curiosità" e dell'"equivoco") è intrinsecamente reazionaria. E' una forma di
comunicazione umana che, a prescindere dalle sfere (pubblica o privata) in cui viene fruita,
non mette mai in discussione il sistema sociale dominante:le cause di un suicidio sono: o "la malattia", o le persone singole,responsabili direttamente in quanto "cattive" invidiose o "vendute". . Mentre i mass media occultano o distorcono informazioni che potrebbero generare nell'opinione pubblica anche solo il sospetto di essere ingannati o abusati, la dimensione privata viene vissuta e percepita dalla media della gente come una paturnia personale piu' o meno "grave", completamente impermeabile a contenuti politici.
In una società che fa dei debiti necessari al consumo e della competitività i significati supremi del vivere e dell'interagire umani, possiamo dire che non è stata nè una malattia nè il frutto di un dissidio personale sul lavoro, il suicidio di queste due ragazze.
Il suicidio è frutto, al di la di ogni concezione "patologistica", della disonorevolezza. In Giappone i
politici corrotti ricorrono spesso a questa prassi, quando scoperti.
Anche in Italia recentemente si è
suicidato un politico, temendo il disonore.
Ma il disonore pubblico ha come determinazione il "disonore privato":
l'improvvisa scoperta della scarsa qualità del tempo che si è dedicato ad un'impresa o a un'attività. Potremmo definire il disonore come "il sentimento della perdita di qualità della propria vita" percepito a livello pubblico e privato.
Anche le hostess si sono suicidate per "disonore", ma non perchè si sono asservite a un faccendiere o si sono fatte corrompere dai camorristi e sono state scoperte. Hanno semplicemente lavorato nella compagnia sbagliata. I cui dipendenti di sono visti messi alla gogna pubblica prima dai mass media e poi è arrivata (a moltissimi di loro) la lettera di cassa integrazione (preludio, spesso, al licenziamento).
In uno scenario necrotico, le due donne si sono trovate a svolgere il ruolo delle ossa di una carogna spolpata dalle jene e dagli avvoltoi.
E, in tutta questa "bad company" di economia demenziale hanno sperimentato il disonore di essere tra gli scarti della società.

.Cloroalclero

2 commenti:

Carlo Bertani ha detto...

Negli anni '90, lessi che ad Edimburgo - Congresso Mondiale di Psicologia - una psicologa aveva presentato uno studio nel quale dimostrava che le persone depresse erano anche le più informate.
La stampa, all'epoca, passò la notizia come una curiosità. Per me, che depresso sono e mi ritengo - ma preferisco chiamarlo il vecchio "mal di vivere", concedetemi il vezzo letterario dei miei conterranei - parve una cosa del tutto ovvia. Anzi "razionale e reale", per dirlo alla tedesca.
Dopo aver trascorso un'epoca nella quale abbiamo intravisto la possibilità di un mondo non dico migliore o paradisiaco, ma modificabile, interpretabile con le nostre mani, vado verso la vecchiaia nella caligine della decadenza priva di corde vocali. Perché i dcadenti classici, almeno, quelle le avevano.
Saltando dalla Germania alla Grecia - e non per nulla Kusturica le lega con misteriose "autostrade sotterranee" - troviamo l'altro capo del filo d'Arianna: l'oblio degli Dei. Oggi divenuti piccoli dei in minuscoli schermi.
Potremmo affermare che l'unico modo per scapolare la depressione sia l'Isola dei Famosi, e allora la chiave di volta mostrata a suo tempo ad Edimburgo c'appare in tutta chiarezza.
Conoscere, oggi, è più sofferenza che gioia, e le gioie sono talmente effimere da diventare poltiglia che si disgrega, a fronte della povertà dei nostri rapporti sociali, privi oramai di qualsiasi anelito che non celi la monetizzazione.
Il suicidio? La punta dell'iceberg, non prodotto da condizioni individuali, bensì sociali che si sostanziano negli individui più sensibili, quelli che sarebbero - in mutate condizioni - veri punti di forza per un rinnovato ordine sociale.
Grazie a Cloro ed a Carlo per questa bella idea d'aprire un dibattito sull'oscurità.
Carlo Bertani

Cloroalclero ha detto...

scrivi come un dio

cloro