martedì 23 dicembre 2008

"La coda del cane" di Roberto Buffagni (2)
“Tucc i can i tran la cuaTucc i cojon voen di’ la sua”.
.

La storia della questione morale
.

Italiani, stiamo morendo: un po’ di serietà, perdìo! E basta con le pose, per la madonna, basta, basta! Un cincinino di sincerità, cosa ci vuole? Sul letto di morte dell’ASL, coi tubi su per il naso e su per il culo, i parenti che cominciano a litigare per l’eredità e il portantino che ci frega il Rolex dal comodino, ci vuole tanto a dire due parole vere? A fare una faccia che per una volta, per una volta almeno, sia la nostra?
Sia chiaro: non pretendo le parole di saggezza, i motti celebri, le epigrafi già pronte per lo scalpellino. Mi va benissimo anche il Perotti di Amici miei che si confessa in articulo mortis al goffo pretino e gli fa la supercazzola: c’è una dignità formidabile, un’innocenza solenne, nella fedeltà all’indecenza di tutta una vita.
Ragazzi, quante balle abbiamo sparato, quante cantafavole abbiamo contato su, quanti torroni abbiamo menato, in questi ormai quasi centocinquant’anni di – si fa per dire, così alla buona – vita unitaria!
Che sollievo, che respiro a pieni polmoni, che ossigenazione dell’emoglobina sarebbe, sentire uno dei nostri Dirigenti d’Ogni Tipo che dice cinque frasi sincere (se possibile, di fila, senza errori di grammatica e non alle tre del mattino) in televisione!
Lo so, poveri cari, non siete più capaci. Dai e dai, un giorno dopo l’altro, prima molto lentamente poi tutto d’un tratto, a forza di raccontar(vi) e raccontar(ci) delle baggianate, dentro la nebbia oleaginosa e dolorante che solete denominare, alla bisogna, “la vostra coscienza” (bùm!), è successa una cosa buffa. Prima la verità c’era. La usavate pochissimo, ma c’era, e la sentivate senza bisogno di toccarla, come si sente il peso di un oggetto nella tasca della giacca anche senza infilarci la mano. Poi, un bel giorno, to’! Non c’era più, diobono! Voi no, ma io me ne sono accorto subito, che l’avevate persa. Volete sapere come? Magari gratis? E io non ve lo dico. Troppo comoda, cari miei! Scopritevelo da soli!
Non ve ne siete accorti quando è sparita, ma adesso ve ne accorgete, eh, cocchi di mamma? Eh, sì: proprio adesso, che avreste bisogno della verità per raccontare a voi medesimi e al popolo tutto delle balle superbe, delle frottole maestose, delle fandonie folgoranti, tàcchete che non ci riuscite più, e venite fuori con delle bugiole lamentose, delle favolette moscie, delle menzognucce viscide, indegne della grande tradizione della balla italiana [marchio registrato], famosa nel mondo.
Perché vedete, cari: per raccontare bene le bugie, bisogna sapere la verità, e voi non solo non la sapete, ma non la riconoscereste neanche se vi si infilasse senza velo od ombra, ignuda e bella, sotto le lenzuola (se mai vi capitasse, i riflessi condizionati a disposizione del vostro corredo genetico sarebbero due: o chiamare la guardia del corpo, o chiederle quanto vuole per un pompino).
Non ce la fate, è inutile. E allora vi aiuto io, dai. In fin dei conti, siamo sulla stessa barca, la barca affonda, i pescecani sono già lì che sgranocchiano le noccioline e degustano le olivette con lo stecchino, sorseggiando il Campari…insomma, non me la sento di chiuderla così, questa nostra storia. Per squallida e ridicola che sia stata, è la nostra storia, la storia d’Italia: “nostra”, capite? E “storia”. E “Italia”.
Ve la ricordate ancora, questa paroletta? Ve lo mette ancora, un brividino nella schiena? A me, lo confesso: sì. Che ci volete fare? Quando la sento, tra i ricordi del libro di lettura delle elementari (la piccola vedetta lombarda! umberto biancamano! curtatone e montanara! Il tessitore!) le medaglie del nonno (d’argento al Valor Militare! Valore, coglioni! Militare, buoni a nulla!) la lapide dell’avo (martire, nullità! per la libertà della Patria, leccapiedi!) e gli innocenti, torridi sogni erotici da me sognati mentre leggevo, a tredici anni, della Pisana (è un personaggio delle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, analfabeti, caproni!) mi si galvanizza ancora, malgré moi, il midollo spinale.
E allora va bé, vi do una mano, brutti stronzi. Vi metto giù la falsariga per qualche frasetta di verità che potreste dire in pubblico (anche solo in un parchetto cittadino, in un cortile condominiale, nell’atrio di un cinema) se voleste – chissà, mai mettere limiti alla Provvidenza – morire come degli uomini, invece di crepare come delle blatte.

Falsariga 1:
“L’ottusità del paese ha raggiunto un picco: dopo, c’è solo la morte. Nulla è fatto con cura. Rubiamo a noi stessi, prendiamo e diamo mazzette, mentiamo nei nostri rapporti, sui giornali, dal podio, ci rivoltoliamo nelle nostre menzogne e intanto ci conferiamo medaglie a vicenda. Tutto questo dall’alto in basso, e dal basso in alto.”
Falsariga 2:
“Sono anni che tradisco me stesso, dubito e mi indigno tacitamente, cerco ogni tipo di scuse per addormentare la mia coscienza. Tutti noi, soprattutto la classe dirigente, conduciamo una vita doppia se non tripla: pensiamo una cosa, ne esprimiamo un’altra e ne realizziamo un’altra ancora.”
Falsariga 3:
“Nessun nemico avrebbe potuto conseguire quello che abbiamo conseguito noi con la nostra incompetenza, ignoranza e autoincensamento, con il nostro separarci dai pensieri e dai sentimenti della gente comune.”

Adesso basta, non esageriamo, Arrangiatevi un po’ da soli, per una volta. Ah: e siccome io a gente come voi, gratis non do niente perché si regala solo a chi si stima, vi segnalo che le tre falsarighe non sono farina del mio sacco. Le ho copiate, come fate voi nei concorsi, nei discorsi, nei vestiti, nelle donne, nelle facce, nelle vite.
I veri autori sono:
Falsariga 1: N.I. Ryzkov, segretario e capo del Dipartimento economico del Comitato centrale con Ju. I. Andropov e K.U. Cernenko, poi primo ministro con M.S. Gorbacev.
Falsariga 2: E. V. Jakovlev, giornalista, ambasciatore dell’URSS in Canada, poi collaboratore di M.S. Gorbacev
Falsariga 3 : Markus Wolff, capo dei servizi segreti della D.D.R.

Invece di faticare – ma quando mai? per la vostra bella faccia?! - per trovarle nelle fonti originali, le ho borseggiate dal seguente libro, neanche comprato ma preso a prestito in biblioteca: Andrea Graziosi, L’Urss dal trionfo al degrado, Il Mulino, Bologna 2008.
Se volete delle verità mie autentiche, prima bonificatemi € 500 a cartella, cialtroni (poi vi mando la fattura, ci crediate o no le tasse le pago). Beneficiario, Roberto Buffagni. Codice IBAN IT91 S030 6912 9036 1529 7951 407. Ci vediamo all’altro mondo, cretini.
.

Roberto Buffagni

3 commenti:

Carlo Bertani ha detto...

Ho sempre sostenuto che il politically correct fa a pugni con la letteratura, e l'articolo di Buffagni lo dimostra. Gran bel pezzo, respiro potente, penetrante come se ne leggono pochi.
Complimenti.
Carlo Bertani

CONTRAGORA' . IL CROCEVIA DELLE IDEE: CULTURA, POLITICA, SOCIETA', COMUNITA', ECONOMIA. ha detto...

Grazie di cuore. Sono molto contento che ti sia piaciuto, perchè i complimenti di chi si stima sono i soli che danno soddisfazione.
Certo però che qua ce la cantiamo e ce la suoniamo: bisogna coinvolgere i parenti, le suorine delle elementari, etc...
Un caro saluto, e buon Natale a te e ai tuoi cari. RB

Carlo Bertani ha detto...

Mah, per ora Contragorà penso che serva soprattutto per conoscerci, coordinarci, lavorare in modo redazionale. Di blog nati e morti nel volgere di un mese ne possiamo contare molti. Penso che ciò che serve sia una buona base, e la stiamo costruendo, anche con qualche "scazzetto" che fa parte del vivere in redazione. Con il tempo, verranno nuove idee e giungeranno anche i contatti. Con calma e gesso.
Ciao
Carlo B